giovedì 3 luglio 2008

Un caso di studio: chi studia i casi

Quante persone che non conosciamo vivono in parallelo alla nostra un’esistenza complicata e sofferta? Quante di loro vagano nel quotidiano con un senso lancinante di vuoto e di solitudine?

E allora, spinte dalla speranza di risolvere un problema, si affidano ai professionisti del dolore, figure per lo più in doppio petto che si prodigano a risolvere i problemi dietro ad una scrivania d’ebano, sorseggiando brandy con ghiaccio in bicchieri di cristallo: Gli Psicologi.

Come in tutte le figure sociali di questo Mondo, esistono anche le eccezioni ma io lo Psicologo medio lo vedo come un professionista dell’aria fritta, il classico alunno intelligente ma poco volenteroso. Per carità, occuparsi dei problemi degli altri non è passeggiare in riva al mare gustandosi il tramonto, bensì richiede la totale immersione nella vita della persona che hai di fronte, di comprenderne l’essenza, i modi di fare e di coglierne le debolezze, gli stati d’animo bui, quelli che li attanagliano escludendoli dalla vita reale.

Fare lo Psicologo è una vocazione, non una corsa a chi guadagna di più.
Io mi immagino professionisti che prendono davvero sotto braccio i loro pazienti e che, nella fatica di una tortuosa salita, riportano la luce nella loro vita. Purtroppo non tutti i casi sono risolvibili..
..Però mi immagino dottori alla Patch Adams, persone che amano il proprio lavoro a tal punto da sacrificare se stessi, che mettono il paziente al centro della loro attività: io credo che, oltre ad una componente scientifica essenziale, non possa esistere via di guarigione senza l’apporto del calore umano e della vicinanza.

Non può esistere, cioè, guarigione senza l’amore!

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